Pensi che l’eco pelle sia ecologica? Ecco la verità sorprendente dietro questo materiale

La discussione sull’ecologicità dell’eco pelle è tutt’altro che lineare, perché dietro questa definizione si nasconde una realtà sorprendentemente complessa, fatta di materiali, processi produttivi e aspetti legislativi spesso fraintesi. Per comprendere davvero se l’eco pelle sia una scelta ecologica, è indispensabile analizzare la natura del materiale, il suo ciclo produttivo e l’impatto ambientale, distinguendo tra prodotti completamente diversi che condividono, a volte impropriamente, il medesimo nome.

Cos’è veramente l’eco pelle: mito, realtà e terminologia

Nel linguaggio comune si tende spesso a definire “eco pelle” qualunque materiale con aspetto simile alla pelle animale ma realizzato senza uccidere animali. Tuttavia, questa definizione è scorretta e fuorviante. Esistono infatti almeno due interpretazioni principali:

  • Eco pelle di origine sintetica o vegetale: si tratta di materiali chiamati anche similpelle o finta pelle, costituiti da un supporto tessile (spesso di cotone, poliestere o cellulosa) ricoperto da resine e polimeri come il poliuretano o il PVC. È questa la versione più diffusa nei prodotti low cost nei settori moda, arredamento e automotive, e spesso commercialmente etichettata come “eco pelle”.
  • Pelle ecologica propriamente detta: rappresenta vera pelle animale, derivante da scarti dell’industria alimentare e conciata con tecniche a basso impatto ambientale, seguendo protocolli precisi (come la norma UNI 11427:2011 in Italia). Questa seconda tipologia è più correttamente definita “pelle ecologica” o “eco-cuoio”.

La conseguenza di questa ambiguità è che molti consumatori credono di acquistare un materiale ecologico quando scelgono la “eco pelle” sintetica, mentre in realtà tale prodotto, sebbene non richieda l’uccisione di animali, può presentare aspetti problematici dal punto di vista ambientale.

Processi produttivi e impatto ambientale: il vero bilancio

Per valutare l’autenticità ecologica di questi materiali, occorre considerare sia il ciclo produttivo sia la gestione del fine vita:

  • Eco pelle sintetica: è ottenuta principalmente da polimeri come poliuretano o, meno frequentemente, PVC, uniti a tessuti naturali o artificiali come supporto. Il procedimento prevede la miscelazione di questi componenti, la loro stesura su una base tessile e successivi trattamenti di finitura per imitare il tatto e l’aspetto della pelle vera. Anche se non implica l’uso diretto di risorse animali, il processo coinvolge energia e rilevanti quantità di sostanze chimiche, con potenziali emissioni inquinanti se non gestite in modo responsabile. Inoltre, essendo il poliuretano una plastica, il prodotto finale è spesso difficile da riciclare e non biodegradabile. Questo comporta criticità nello smaltimento, generando rifiuti persistenti nell’ambiente.
  • Pelle ecologica (vera pelle a basso impatto): benché ricavata da scarti animali, riduce lo spreco e limita la domanda di nuovo allevamento. Viene sottoposta a concia con agenti meno inquinanti (più spesso vegetali o sintetici non tossici), con minore dispendio di acqua e ridotta emissione di sostanze pericolose rispetto alle tecniche tradizionali. In questo caso il materiale risulta anche più facilmente biodegradabile a fine vita, garantendo una maggiore sostenibilità complessiva.

Da ciò si deduce che la sostenibilità di un prodotto di “eco pelle” varia enormemente in base alla tipologia e al processo produttivo adottato.

Praticità d’uso, percezione e durabilità

L’eco pelle sintetica viene scelta frequentemente per la sua praticità: è economica, facile da pulire e difficile da macchiare, motivo per cui riscuote successo in applicazioni come sedute, arredi, borse e accessori. Inoltre il risultato estetico e tattile moderno la rende apprezzata anche da chi cerca alternative senza derivati animali. Tuttavia, la durata di questi materiali è spesso inferiore rispetto alla vera pelle, con il rischio di screpolature e deterioramento più rapido, soprattutto se esposta a sole e sbalzi di temperatura.

La pelle ecologica, invece, garantisce una maggiore longevità e mantiene un aspetto autentico col tempo, risultando una soluzione apprezzata per prodotti di alta gamma e design sostenibile. Tuttavia, il costo è superiore rispetto alle versioni sintetiche, e alcuni consumatori preferiscono comunque evitare qualsiasi derivato animale per scelte etiche.

Verità e alternative per una scelta consapevole

Alla luce di quanto esposto, la definizione di “eco pelle” nasconde quindi due realtà molto diverse:

  • La finta pelle, sebbene consenta di evitare l’uso di animali, è quasi sempre un materiale plastico, spesso con effetti negativi in termini di emissioni, smaltimento e gestione dei rifiuti soprattutto se basata su polimeri non biodegradabili. Può essere migliore della pelle a concia chimica pesante ma, da sola, non è automaticamente sinonimo di sostenibilità ambientale.
  • La vera pelle ecologica, lavorata secondo principi di impatto ridotto, rappresenta ad oggi uno degli standard più rigorosi per la sostenibilità in ambito conciario. Nonostante derivi sempre da animali, il suo utilizzo razionale sfrutta scarti di altre filiere e riduce significativamente consumi e rischi ambientali rispetto alle lavorazioni convenzionali.

Per chi cerca alternative realmente eco-compatibili senza prodotti animali, il settore si sta evolvendo verso materiali vegani innovativi: tra questi troviamo biomateriali derivati da sughero, corteccia, ananas, mele, fungi e persino dagli scarti dell’uva (“wine leather”). Questi materiali, noti come “pelli vegane” di nuova generazione, rappresentano una soluzione interessante: la loro produzione può impiegare minori quantità di energia, risultare biodegradabile e sfruttare risorse di scarto vegetale.

In sintesi, non basta affidarsi all’etichetta “eco pelle” per essere certi della sostenibilità del prodotto: occorre informarsi sulla reale composizione e verificare la presenza di certificazioni che ne attestino il ridotto impatto ambientale. Soltanto con un approccio critico e documentato si possono compiere scelte realmente etiche e rispettose dell’ambiente.

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